Perché il mio sito non compare su Google ?

6 motivi che potrebbero impedire al tuo sito web di comparire nella prima pagina di Google

Creare un sito web e alimentarlo richiede molto tempo e impegno. Non c’è niente di peggio che scoprire che tutto questo lavoro è stato inutile. Ed è proprio ciò che accade quando i motori di ricerca ignorano le pagine web del tuo sito. Perché il tuo sito web non compare su Google? Se il tuo sito web è “invisibile”, le ragioni possono essere molteplici. In questo articolo esamineremo le più comuni e le possibili soluzioni.

1. Il mio sito è indicizzato su Google?

L’indicizzazione del sito è essenziale. Se il sito non è indicizzato, i motori di ricerca non lo troveranno.

Che cos’è l’indicizzazione?

Si tratta del lavoro che gli spider dei motori di ricerca svolgono per scansionare, analizzare e indicizzare le pagine web prima di visualizzarle nei risultati. Lo scopo dell’indicizzazione è quello di includere un pagina o sito web nell’indice di Google. Se non sono nell’indice, gli spider non li trovano. D’altronde, più un sito è indicizzato su Google, più è probabile che venga visualizzato da un maggior numero di utenti.

Perché il mio sito non è indicizzato?

Diversi fattori possono impedire che le pagine di un sito web o gli articoli di un blog di vengano indicizzati:

  1. Migrazione recente del sito.

Hai cambiato di recente l’hosting provider? O hai migrato i tuoi contenuti da una piattaforma a un’altra? Hai cambiato il nome di dominio? Oppure hai apportato modifiche importanti alla struttura del sito? Tutte queste operazioni possono essere la causa di un’erronea classificazione delle pagine web.

  • Il sito è nuovo di zecca

Se il tuo sito web è molto giovane o se hai appena pubblicato un articolo o una pagina web, non preoccuparti più di tanto. Bisogna dare ai crawler il tempo di trovarti sul web. Alcuni giorni sono sufficienti, ma talvolta bisogna portare pazienza per qualche settimana.

  • Il tuo sito è soggetto a restrizioni

Il contenuto della pagina web potrebbe violare involontariamente le regole di Google. Per esempio, Google potrebbe considerare il tuo sito web “pericoloso” a causa di un malware.

Soluzioni:

Se il sito web non compare su Google, la prima cosa da fare è verificare la sua indicizzazione:

2. Gli elementi on site e on page sono ottimizzati (SEO tecnica)?

Se stai cercando ottimizzare il tuo sito per i motori di ricerca, è importante prendere in considerazione alcuni fattori che possono bloccare la sua visibilità online. Le pratiche che Google considera come “fraudolente” o non etiche sono da evitare come la peste. Ma sovente si tratta unicamente di omissioni. Per esempio, i tag title o alt mancanti, la mancanza di un certificato SSL o un linking interno incoerente sono fattori bloccanti comuni. Tuttavia, identificando e rimuovendo questi ostacoli, è possibile migliorare significativamente la SEO.

Ecco un elenco dei fattori di blocco più comuni:

  • Assenza del tag meta description
  • Duplicazione (o assenza) del tag title
  • Velocità di caricamento molto bassa
  • Architettura del sito non ottimizzata
  • La gerarchia dei titoli non è rispettata
  • Collegamenti interrotti (404)
  • Tag Alt mancanti
  • Sito senza certificato SSL
  • Rete interna anarchica o mancante

Soluzioni:

È semplice: una volta identificati gli elementi che bloccano l’ottimizzazione, rimuovili e il tuo sito comparirà nei risultati dei motori di ricerca!

3. Ho scelto le parole chiave giuste?

Si tratta di una domanda molto importante, perché le parole chiave sono la chiave (😉) della tua strategia SEO.

  • Scegli parole chiave pertinenti, che corrispondano alla tua attività, ma considera anche il volume di ricerca e valuta la “concorrenza” di ogni parola chiave.
  • Evita parole chiave troppo generiche o competitive e ricorda di inserirle nel tag title, negli H2 e nel testo.

Soluzioni:

Esistono strumenti e best practice che ti aiutano a trovare le parole chiave giuste. Ecco un mini-elenco di strumenti che mi aiutano a migliorare la SEO del mio sito e quelli dei miei clienti.

Esempio:

I miei clienti di FRH – French Riviera House Hunting, volevano comparire in prima pagina nei motori di ricerca con la long tail keyword “house hunting Nice”. Come puoi constatare, l’obiettivo è stato raggiunto!

prima pagina risultati Google

4. La mia strategia di netlinking è ben concepita?

Se ti stai chiedendo se la tua strategia di netlinking funzioni o no, sei già a un “livello esperto”. Come sai, ottenere link in entrata è fondamentale per la SEO (e quindi per far comparire il sito web in prima pagina). Tuttavia, fai attenzione alla qualità di questi link. Escludi a priori la possibilità di acquistare link, questa pratica potrebbe ritorcersi contro la SEO del tuo sito web e avere un impatto negativo sul suo posizionamento.

Soluzioni:

Crea connessioni (umane!) e intrattieni relazioni attive con gli amministratori di siti che operano in un settore complementare al tuo (e che, per di più, ti stanno simpatici). Anche loro potrebbero essere interessati a uno scambio di link. Le relazioni umane sono quindi essenziali in questa pratica, ti incoraggio ad andare verso collaborazioni di queto tipo, vantaggiose per tutti.

5. Il mio contenuto è qualitativo?

Ti stai chiedendo se i tuoi contenuti sono di qualità? Questa è un’ottima domanda. La visibilità di un sito dipende sostanzialmente da due aspetti:

1. Il sito deve essere ottimizzato per i motori di ricerca

2. I contenuti devono interessare un gran numero di utenti

Se una di queste due condizioni non è soddisfatta, potresti dover affrontare un’elevata frequenza di rimbalzo.

Cosa è la frequenza di rimbalzo?

È la percentuale di persone che visitano una pagina e la abbandonano senza cliccare su alcun link o passare a un’altra pagina del sito.

Soluzioni:

Per essere onesta, non è che esistano milioni di soluzioni. Ne esiste una sola. Per assicurarti di fornire sempre contenuti di qualità, affidati a uno o una specialista di web writing e content marketing. È un investimento che vale la pena. Il risultato non si limita a una frequenza di rimbalzo ridotta. Un contenuto di qualità migliora l’immagine del tuo brand e aumenta le visite del sito. Un ottimo ritorno sull’investimento!

6. L’esperienza utente è ottimizzata?

L’esperienza utente del tuo sito web è ottimizzata? È importante prendere in considerazione i criteri che facilitano l’utilizzo da parte degli utenti, come il design, la velocità di caricamento e la qualità della navigazione. Google valuta questi elementi prima di stilare la sua classifica.

Soluzioni:

Se il tuo sito web non compare su Google, non esitare a fare appello a un/a webmaster specializzato/a in SEO. È il secondo miglior investimento (dopo quello del web writer 😉). Non indugiare, ottimizza la UX del tuo sito affinché possa sedurre i visitatori fin dal primo clic.

Concludendo…

In sintesi, per garantire la visibilità del tuo sito su Google è necessario prendere in considerazione tutta una serie di fattori. Dall’indicizzazione ai fattori di blocco SEO, dalla valutazione dei contenuti alla strategia di netlinking, per arrivare all’ottimizzazione dell’esperienza dell’utente: tutto concorre a determinare la visibilità del tuo sito sul web.

Vuoi far comparire il tuo sito nei primi risultati di ricerca?

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Contattami oggi stesso e lavoriamo insieme per elaborare una strategia per migliorare la visibilità del tuo sito web.

Per restare in tema:

Storytelling di successo : consigli per colpire nel segno

Negli articoli precedenti, abbiamo parlato del brand storytelling e dei passi da seguire per scrivere storie capaci di raggiungere il cuore del tuo pubblico. Va bene, ma come si fa, concretamente, per realizzare uno storytelling di successo e colpire nel segno?

In questo articolo, condivido con te le mie linee guida e una possibile metodologia che ti aiuterà a scrivere una storia memorabile.

 

La trama narrativa: tessere i fili che conducono alle emozioni

La base del storytelling, manco a dirlo, è la trama narrativa. I fili della tua trama rappresentano altrettante emozioni.

Per questo è importante metterli nell’ordine giusto:

  • La situazione iniziale — primo piano sul protagonista. Chi è, dove vive, in quale epoca, in quale contesto…?

  • La consapevolezza — il personaggio incontra un ostacolo sul percorso o un elemento scatenante gli fa capire che c’è un problema da risolvere.

  • La tensione o conflitto — ovvero le peripezie che il personaggio deve affrontare alla ricerca di soluzioni. È un elemento primordiale: senza conflitto, non esiste storia.

  • Elemento di risoluzione — qualcuno o qualcosa irrompe nella sua vita per suggerirgli possibili e eventuali soluzioni.

  • Il risultato finale – un nuovo primo piano sul protagonista, questa volta sotto una nuova luce ovvero l’impatto positivo che la soluzione ha  portato nella sua  vita.   

Il modello attanziale, lo spirito guida dello storytelling

Il marketing è l’arte del riciclo. Non ha inventato nulla, ha solamente adattato concetti vecchi quanto l’umanità.

Se ti estasiavi all’ascolto della fiaba di Cenerentola, sai praticamente tutto dello schema attanziale, (e quindi, sai come funziona lo storytelling).

modello attanziale storytelling
Modello attanziale

Il re (destinante) invia un invito al ballo a tutte le fanciulle in età da marito del regno. Cenerentola (il soggetto) è triste, perché vorrebbe andare al ballo (oggetto), ma non ha niente da mettersi. La fata madrina (l’aiutante) fa apparire un magnifico abito da sera e un paio di décolleté in cristallo affinché Cenerentola sia elegantissima e non sfiguri in mezzo alle ragazze dell’alta società. Ma la matrigna e le sorellastre (gli oppositori) si fanno in quattro per impedirle di andare al ballo. Alla fine, non solo Cenerentola riesce a partecipare all’evento dell’anno, ma riesce pure a portarsi a casa il jackpot (Cenerentola è quindi anche il destinatario della storia).

Va dunque notato che:

  • il soggetto e il destinatario della storia possono essere la stessa persona
  • gli elementi della storia non sono necessariamente persone, ma possono essere anche idee, oggetti, sentimenti o eventi.

Questo modello ancestrale, applicato allo storytelling, ti permette d’intessere una solida trama narrativa. Che è poi la base du uno storytelling di successo.

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I personaggi: assegnare i ruoli e decidere “chi fa cosa”

Nel realizzare un brand storytelling pubblicitario, non si tratta di raccontare la storia di una futura principessa e delle sue baruffe familiari. In compenso, il principio non cambia: la tua “principessa” è il tuo buyer persona.

In ogni caso, quello che conta è assegnare i ruoli e stabilire “chi fa cosa” 

Chi è l’eroe del tuo racconto? Il tuo potenziale cliente? Il tuo prodotto? Tu? I ruoli sono interscambiabili, tutto dipende dalla prospettiva della storia.

Qual è la missione o percorso? Vivere meglio? Consumare in modo diverso? Risolvere un problema? Non disperderti troppo, scegli una sola missione per ogni storia, altrimenti il messaggio potrebbe non essere abbastanza incisivo.

Chi sono gli aiutanti? La tua vision, la tua filosofia? I tuoi prodotti?  Il tuo metodo rivoluzionario?

Chi sono gli oppositori? Ricorda che i cattivi non sono necessariamente persone. Possono essere i pregiudizi, le abitudini inveterate, le false convinzioni, ecc.

Reminder: non perdere di vista il buyer’s journey, il percorso di acquisto del tuo persona.

La storia che stai per raccontare deve essere coerente con la tappa del percorso in cui il tuo buyer persona si trova. Deve avere la sensazione che la storia sia stata scritta per lui.

Quindi, non focalizzarti solo sui bisogni che i tuoi prodotti possono soddisfare. È importante individuare il livello di informazione di chi legge la tua storia.

Per esempio, può trovarsi nella fase in cui si è appena accorto di avere un problema, oppure in quella in cui comincia a porsi delle domande (cioè all’inizio del suo percorso, che viene chiamato awareness, o consapevolezza). Oppure ha già identificato la natura del problema ed è nella fase di valutazione delle possibili soluzioni (cioè nella fase di consideration, o considerazione).

Facciamo un esempio molto semplice. Immaginiamo che tua azienda sia una B Corp certificata e che produca abbigliamento ecosostenibile. Hai un blog sul quale pubblichi articoli che mettono in evidenza l’impatto positivo sull’ambiente come conseguenza dell’acquisto dei tuoi prodotti.

Esempio di storia “awareness”:

Una tua potenziale cliente, che chiameremo Anna, conduce un vita tranquilla fra amiche, fidanzato, e un lavoro che le piace abbastanza.

Tutto va bene, nessuna nuvola all’orizzonte, niente da segnalare.

Una sera, accoccolata sul divano, guarda un reportage alla televisione. Si parla degli effetti devastatori della fast fashion: gravi danni ambientali, sostanze cancerogene presenti nei tessuti, sfruttamento sociale…

Le immagini quasi la tramortiscono. Sapeva che la fast fashion non era propriamente etica, ma non immaginava fino a questo punto. Prende il tablet e inizia a fare ricerche. Scopre che esistono Società Benefit che integrano nel loro oggetto sociale, oltre agli obbiettivi business, anche un programma che assicura un impatto positivo da un punto di vista sociale e ambientale.

Anna capisce che, cambiando le proprie abitudini di consumo, può lottare in qualche modo contro il deterioramento dell’ambiente e lo sfruttamento delle persone.

Anna è all’inizio del suo percorso di acquisto.

La posta in gioco della tua storia: far comprendere ad Anna le molteplici virtù della moda etica.

Esempio di storia “consideration”:

Marco, un altro potenziale cliente, è convinto da tempo che salvare il pianeta non sia solo il lavoro degli altri.

Conosce bene le conseguenze delle abitudini di consumo di ognuno. Ha dunque già identificato il problema. Da anni, evita come la peste i famigerati marchi della fast fashion. Marco si informa, legge bene ogni dettaglio del prodotto prima di metterlo nel carrello.

È stato a lungo fedele a un marchio di cui pensava di condividere i valori. I capi gli piacevano, offrivano un buon rapporto qualità-prezzo e, il marchio assicurava, erano prodotti secondo protocolli rispettosi dell’ambiente.

Ma poi ha scoperto che una buona parte degli accessori venivano dalla Cina, dalla stessa fabbrica che fornisce una grande insegna di fast fashion. Pertanto, ha deciso di mettersi alla ricerca di un nuovo marchio dalle pratiche più etiche.

Marco è dunque nella fase di considerazione: ha già identificato il problema da molto tempo, ha trovato la soluzione, e ora sta cercando la soluzione migliore.

La posta in gioco della tua storia: far capire a Marco che la certificazione B Corp è la garanzia di una moda perfettamente etica e ecosostenibile. Che è la tua, e non un’altra, l’azienda che Marco sta cercando.

Penso che hai afferrato il concetto: bisogna costruire la storia a partire dalla fase in cui si trovano i tuoi potenziali clienti.

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Far entrare nel mito una persona comune: un esempio di storytelling ben riuscito

Nel video pubblicitario che puoi vedere qui di seguito, si capisce subito che la protagonista della storia vive una vita ordinaria di cui non è esattamente entusiasta. Si avverte una sensazione di malessere latente, come una sorta di rumore di fondo.

Un giorno, mentre si incammina verso l’ufficio, si imbatte in un gruppo di runner. Alla testa del gruppo IL fustaccio: bello, aitante e con un sorriso da far perdere la testa.

La sera, stravaccata sul divano, la luce cangiante e fredda della televisione sul viso, manda improvvisamente a quel paese la scatola di un take away cinese in cui pilucca senza convinzione qualche noodle. Si precipita all’armadio e ne estrae un vecchio paio di sneakers e una tuta. La mattina seguente, si unisce ai runners, ma non riesce a tenere il passo che per pochi metri.

Allora capisce che deve dotarsi di strumenti all’altezza delle sue ambizioni. Butta le sneakers nella spazzatura e varca la soglia di un negozio di articoli sportivi. Con le scarpe nuove, comincia ad allenarsi sul serio. Soffre molto, ma tiene duro.

E, piano piano, la percezione che ha della propria vita cambia. È sorridente e disinvolta, sprizza energia da tutti i pori.

Qualche allenamento dopo, la si vede correre in mezzo ai runner, allo stesso ritmo, anzi, più forte. Raggiunge il suo mentore alla testa del gruppo, poi lo supera e si allontana.

Non so che cosa ne pensi, ma non posso negare che questo video mi emoziona, e tanto…

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L’immedesimazione: immaginare situazioni in cui i tuoi clienti possano riconoscersi

Se il tuo prodotto è un acceleratore di particelle di nuova generazione e lo scopo del tuo articolo è quello di sensibilizzare i lettori alle sfide che gli elettroni devono affrontare, allora ammetto che sarà arduo scrivere una storia in cui la maggior parte di noi potrà immedesimarsi.

In tutti gli altri casi, mira alla semplicità e alla chiarezza.

Prima di tutto, perché se nessuno capisce il tuo messaggio, la tua campagna di comunicazione vincerà il premio “Campagna insipida di tutti i tempi“.

In secondo luogo, tieni presente che uno storytelling di successo è quello che riesce a raggiungere il cuore dei tuoi potenziali clienti. Devono essere in grado di identificarsi con i personaggi della storia che stai raccontando. Il tuo storytelling deve provocare emozioni, toccare un tasto dolente, o creare empatia. Solo in questo modo capiranno che la soluzione che proponi è esattamente quella che stanno cercando.

Più si riconosceranno nel tuo racconto, e più si sentiranno coinvolti.

Scegli un tono di voce e un linguaggio appropriati

È una questione di coerenza: se il tuo prodotto si rivolge a persone che hanno raggiunto la meravigliosa età della pensione, sarebbe meglio evitare espressioni del tipo “ti lovvo”, “drinkare”, “Omw”, “ma che ne sanno i 2000”.  Scrivi utilizzando il linguaggio utilizzato dalle persone che vuoi attirare affinché possano identificarsi con il protagonista del tuo racconto.

E in ogni caso, non perdere mai di vista la tua verbal-identity, ovvero il linguaggio che appartiene al tuo marchio e che lo fare riconoscere fra mille.

Poco importa in quale ordine hai assegnato i ruoli: l’eroe della tua storia può essere il tuo buyer persona, il tuo prodotto, e persino i “cattivi”. Ciò che conta è mantenere sempre una certa coerenza di stile. Per esempio, il registro che ho scelto per parlarti attraverso le pagine di questo blog, è leggero e semplice. Desidero rivolgermi a persone che si interessano allo storytelling e al copywriting, ma di cui la scrittura web non è l’area di competenza. Ho scelto dunque di utilizzare un linguaggio che mi permette di rendere accessibili a tutti e a tutte le particolarità del mio mestiere.

E, infine, ricordati di curare la forma. È molto più piacevole leggere un testo arioso, ben strutturato, con spazi tra i paragrafi, che una pagina lastricata di parole fitte e senza spazio vitale. Alterna frasi brevi e frasi lunghe (non troppo lunghe, mi raccomando, che ai robot di Google non piacciono molto). Usa aggettivi “suggestivi” e verbi forti.

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Ultimo ma non meno importante: professionalità, garanzia di successo!

 

Poco importa se vuoi scrivere una storia per il blog, o per lo script di un video o di un podcast. Quello che devi tenere a mente è che la tua storia ti precede. Veicola l’immagine della tua azienda, parla di te anche se parla di altre persone.

Sii all’altezza delle tue ambizioni. Il tuo brand merita il meglio. Se hai talento per la scrittura e la natura ti ha elargito una fervida immaginazione (e se hai tempo a disposizione), lanciati! Magari all’inizio ti sembrerà dura, con le parole che si formano nella tua testa ma che non arrivano fino alla tastiera. Butta giù quello che ti viene in mente, tutto diventa fluido con un po’ di allenamento.

Ma se scrivere non è il tuo forte, la tua immaginazione è troppo indaffarata a concepire e migliorare i tuoi prodotti e, soprattutto, il tempo ti manca, prendi in considerazione l’idea di rivolgerti a una web writer.

Non pensare a quanto ti costa, pensa a quanto guadagnerai. Il ritorno sull’investimento di uno storytelling di qualità è enorme (nevvero, Apple?).

Inoltre, c’è sempre una soluzione per ogni problema. Per esempio, una formula abbonamento consente di diluire l’esborso nel tempo.

Ti auguro di un marketing di successo grazie a uno storytelling di qualità!

Per restare in tema:

buyer persona e brand storytelling
brand storytelling
le fasi del brand storytelling

Le 5 fasi dello storytelling


Lo storytelling è uno strumento di marketing estremamente efficace. Come abbiamo già detto, lo scopo dello storytelling è raccontare una storia di cui i tuoi potenziali clienti sono i protagonisti. La morale della storia è la soluzione ai loro problemi che i tuoi prodotti possono offrire.

Il percorso del storytelling in 5 passi

Sebbene sia il frutto dell’immaginazione di un redattore web, lo storytelling deve essere necessariamente inserito in una struttura ben precisa. Sì alla creatività se strutturata.

Percorreremo la strada che porta allo storytelling perfetto. Anche senza avvalerti di uno o una specialista della scrittura web 😉 (no, sto scherzando…)

Raggiungere e sedurre i tuoi buyer personas

Prima di iniziare a tessere la trama della tua storia, devi capire chi è il tuo target, a chi si rivolge lo storytelling. Puoi tamburellare per ore sulla tastiera, ma se la tua storia non ha protagonisti, fa acqua da tutte le parti.

Bisogna prima identificare i tuoi buyer personas:

  1. devi sapere chi sono (logico)
  2. devi sapere in che modo rivolgerti a loro (trovare gli argomenti che li seducono, insomma)

Abbiamo già parlato dei buyer personas. Stanno alla base di ogni buona strategia di inbound marketing. La tua storia deve fornire contenuti utili e pertinenti alle persone a cui ti rivolgi. È su di loro che i riflettori devono puntare, non sulla tua azienda. Devi usare il linguaggio del tuo pubblico, dimostrare di capire le sue difficoltà, le sue sfide e i suoi obiettivi.

I tuoi potenziali clienti adorano che si parli di loro. Il tuo storytelling sarà efficace solo se riesce ad arrivare al cuore. Sono le emozioni che rendono indimenticabile tua storia e che fanno rimanere i lettori incollati al tuo sito web.

Esempio: se produci apparecchi acustici, puoi benissimo focalizzare la comunicazione sull’eccellenza dei tuoi prodotti. Tuttavia, il messaggio può diventare noioso e scomparire negli abissi oceanici del Web. Ma se fornisci consigli su come aiutare una persona cara con problemi di udito a superare il senso di vergogna, isolamento o sconforto, allora cambia tutto.

In ogni caso, tieni a mente due cose: la tua storia deve piacere ai tuoi lettori ma anche ai motori di ricerca.

Penna talentuosa + SEO => super storytelling!

Chi è il mio buyer persona?

Scopri come creare il tuo persona e scarica le schede che ti guidano nella creazione dei buyer personas.

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Identifica il messaggio che vuoi trasmettere con lo storytelling

Ora che sai a chi ti rivolgi, devi definire la trama della storia, ovvero quello che vuoi dire.

Vuoi mettere in guardia i tuoi personas contro i pericoli degli interferenti endocrini, come poliammide, elastan e altre “amenità” da mettere al bando?

Sei un o una guru della pianificazione aziendale e vuoi parlare degli effetti virtuosi di una buona gestione del proprio tempo?

Lavori in un’associazione impegnata nello sviluppo sostenibile e desideri diffondere contenuti sui vantaggi dell’economia circolare?

Tieni presente che il cursore deve essere posizionato sul persona. Il tuo messaggio non deve solo incoraggiarlo all’acquisto o all’adesione, ma anche insegnargli qualcosa, metterlo in guardia, lasciargli intravedere che qualsiasi problema (compreso il suo) ha una soluzione.

Scrivi una storia che parla dei problemi delle tue persone target. In modo indiretto e molto meno scrosciante, parlerai incidentalmente del tuo prodotto dal punto di vista della soluzione che può offrire.

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Scegli il tuo stile di storytelling

È una scelta che si articola su due assi di riflessione:

  1. il tuo target
  2. la storia che vuoi raccontare

Lo stile narrativo viene determinato in gran parte dal destinatario. Non parlerai a dei Millennials allo stesso modo con cui parleresti a dei boomers. Inoltre, tutto dipende dalla natura del tuo messaggio. Vuoi sollecitare una riflessione? Insegnare qualcosa? Divertire? Invitare senza esitazione all’acquisto?

Ti faccio un esempio concreto.

Asphalte (che presto avrà un sito web in versione italiana 😉 ) è un’azienda che produce abiti fatti per durare. Il marchio si rivolge a persone che hanno una certa sensibilità ecologica e che evitano come la peste di passare tutti i loro sabati pomeriggio a ciondolare nei negozi. Gente che è alquanto soddisfatta di possedere un guardaroba contenuto.

Lo stile utilizzato dall’azienda di Bordeaux riflette l’essenza del proprio target: senza fronzoli, ma dinamico. Non lesina sui termini tecnici, perché il marchio vuole attirare persone avvedute che scelgono con cognizione di causa.

Ciò che conta è evitare di parlare di valori in cui non credi. L’effetto “vorrei ma non posso” delle marche che fanno, per esempio, greenwashing a oltranza è evidente come una macchia di vino rosso su un abito da sposa.

Secondo Seth Godin (autore, fra l’altro, del libro Il marketing racconta storie), un buon storytelling deve rispettare tre parametri essenziali:

  • L’autenticità
  • La credibilità
  • La coerenza

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Stabilire l’obiettivo della tua storia (o CTA)

Un’azienda o un’associazione racconta una storia con uno scopo ben preciso. Ti aspetti dunque che il tuo pubblico, dopo aver letto il tuo articolo, ascoltato il tuo podcast o visto il tuo video, faccia qualcosa.

Per esempio, che:

  • Si iscriva a una newsletter
  • Sottoscriva un abbonamento
  • Diventi membro di una associazione
  • Faccia una donazione a un ente
  • Si iscriva al tuo account, Facebook o altro
  • Acquisti il tuo prodotto

In materia di CTA è meglio non cincischiare: enuncia chiaramente l’azione che l’utente dovrebbe compiere.

Lo storytelling è una forma di comunicazione e, come tale, può essere messo al servizio del marketing. Tuttavia, “marketing” non è sinonimo di cupidigia, mercati finanziari e compagnia bella.

Il marketing etico esiste e consiste nell’adesione dei clienti a valori in cui l’azienda stessa crede.

Il call to action (letteralmente “l’invito all’azione”) deve essere messo in evidenza da una frase, un riquadro, un inserto, un jingle, insomma deve essere visibile, udibile e riconoscibile.

Ricorda che hai la soluzione che i tuoi potenziali clienti stanno cercando. Non nasconderla dietro frasi sibilline.

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Determina i formati e i canali di comunicazione

A seconda del tipo di storia che vuoi raccontare, il tuo persona e il messaggio da trasmettere, sceglierai il formato più appropriato per il tuo storytelling.

Può essere:

  • Scritto — articolo di blog, newsletter, ebook
  • Visivo — video, motion design, presentazioni ppt
  • Audio — podcast, programma radiofonico, intervista

I modi di fare storytelling sono molti. Una storia si ascolta, si legge, si guarda… D’altronde, tutti questi formati non sono compartimenti stagni. Un articolo di blog può essere adattato per diventare lo script di un video o di un podcast. Oppure, può essere riutilizzato per creare dei posts da pubblicare sui social media. Il contenuto di un video può essere sviluppato e approfondito nelle pagine di un ebook.

Dai vento alle ali della tua storia. Deve essere in grado di raggiungere il maggior numero di persone nel mondo. E, a questo proposito, la traduzione creativa consente al tuo messaggio di attraversare i confini, di rendere il tuo storytelling internazionale. Perché parlo di traduzione creativa? Perché solo una o un linguista che ha scelto la transcreazione come specializzazione può fare da ponte tra due culture e tradurre le emozioni. Inoltre, una solida conoscenza della traduzione SEO è un must-have.

Ovviamente, la scelta del supporto è in gran parte determinata dal formato della tua storia, ma anche, e soprattutto, dalla tipologia del tuo target.

Dove sono i tuoi personas? Se bazzicano su Instagram, fatti vedere spesso da quelle parti. Se sono un po’ più maturi li trovi su Facebook e se vanno di fretta su Twitter. I lettori accaniti apprezzeranno gli articoli sul tuo blog e se vogliono sapere tutto, con un ebook li farai felici.  

Insomma, fai in modo di essere là dove si trovano i tuoi prossimi clienti!

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Hai bisogno di una redattrice web che ti aiuti a scrivere storie che piacciano ai tuoi prossimi clienti?

Hai bisogno di una traduttrice creativa – oltretutto, specializzata SEO – che traduca la tua storia?

Questo è il call to action di cui ti ho parlato 😉

Per restare in tema:

Storytelling: raccontare storie che scaldano il cuore.

Lo storytelling è vecchio quanto il consorzio umano. I racconti accanto al fuoco dei nostri antenati ne sono state la prima espressione. Storie di caccia, di vita quotidiana e pure qualche facezia cavernicola. Il piacere di raccontare e ascoltare storie è inscritto nei nostri geni. Non sono gli esperti in marketing che hanno inventato l’arte di raccontare storie. L’hanno semplicemente trasposta alla vendita di prodotti per permettere ai consumatori di scegliere la loro storia preferita.

Cos’è lo storytelling?

Lo storytelling è la costruzione di storie, fittizie o reali, strutturate in una trama narrativa. Nell’ambito del marketing, il suo obiettivo è illustrare i valori dell’azienda e i vantaggi dei prodotti che vende, il tutto cercando di suscitare emozioni.

Una storia vera

In questo primo articolo dedicato allo storytelling, vi racconterò una storia. È successa davvero ed è la storia di Johnny the Bagger.

Stati Uniti, una cittadina come tante altre. Un minimarket deve fare i conti con un grosso supermercato che ha aperto poco lontano.

In preda al panico per il calo del fatturato, il direttore si rivolge a una consulente, Barbara Glanz, esperta in gestione aziendale.

La specialista comincia con il convocare tutto il personale. Vuole che tutti e tutte siano consapevoli del pericolo incombente. Solo l’azione di ognuno avrebbe potuto salvare la baracca. La salvezza risiedeva nell’intelligenza collettiva, secondo Barbara. Ogni proposta costruttiva sarebbe stata la benvenuta.

Johnny lo Storyteller

Johnny, che di lavoro fa il bagger, (hai presente? Sono quelli che mettono la spesa dei clienti nei sacchetti di carta, se ne vedono spesso nei film americani, è il lavoro che viene offerto a Ellis Boyd “Red” Redding quando esce di prigione nel film Le ali della libertà 😊 ) torna a casa e comincia a pensare a come può contribuire alla causa.

Seduto al tavolo della cucina, alza la testa e il suo sguardo viene catturato dal calendario da parete. Si tratta di uno di quei calendari giornalieri da sfogliare. Ogni giorno, una pagina e su ogni pagina la frase filosofica del giorno. Allora, Johnny ha un’idea: ricopiare ognuna di quelle perle di saggezza su altrettanti foglietti. Ne avrebbe messo uno in ognuno dei sacchetti che preparava per i suoi clienti.

Una storia val bene una lunga attesa

Pochi giorni dopo, il direttore nota una lunghissima coda alla cassa di Johnny, mentre quella accanto è completamente vuota. Attento alla soddisfazione dei suoi clienti, dice all’ultima persona in coda: “Se rimane qui ne ha per mezz’ora. Passi alla cassa accanto, non c’è nessuno”, assicura. Ma la signora risponde: “Aspetto volentieri mezz’ora per avere in cambio la massima del giorno di Johnny!”

La notizia dei “pensierini di Johnny” fece il giro della contea, attirando frotte di clienti in cerca di umanità.

Johnny The Bagger, diciannove anni e sindrome di Down ha, forse inconsapevolmente, usato il potere dello storytelling. I clienti del negozio non compravano solo prodotti: compravano le piccole massime del giorno. E anche la storia di Johnny.

Ti è piaciuta questa storia?

Anche ai tuoi potenziali clienti piacciono le storie.

È su questo postulato che si basa il potere dello storytelling. Il minimarket di Johnny è riuscito a tenere testa al colosso che minacciava di mangiarselo in un sol boccone. I clienti hanno comprato una storia, non un servizio o un prezzo. Allo stesso modo, i tuoi clienti non acquistano solo i tuoi prodotti e servizi, ma acquistano anche, e soprattutto, la tua storia.

Lo storytelling è un modello di marketing perfettamente democratico, perché accessibile a tutti. Non servono grandi mezzi e ingenti budget da dedicare alla comunicazione. Abbiamo tutte e tutti delle storie da raccontare.

I grandi brands sono forti in storytelling. Per esempio, Apple racconta una storia di tribù. Gli utilizzatori dei suoi prodotti si riconoscono fra loro. Sentono di far parte di una sorta di élite accomunata dai prodotti top di gamma dell’azienda di Cupertino. La mela di Steve Jobs e tutto ciò che rappresenta sono diventati grandi grazie allo storytelling. Ma tutti possono fare come lui: basta inventarsi una bella storia da raccontare.

Lo storytelling: quando l’emozione è palpabile.

Lo confesso, anche se non sono una consumatrice accanita, mi piace la pubblicità. Non sono il tipo di persona che fa zapping compulsivo quando dentifricio o pannolini irrompono nell’intreccio elettrizzante che si svolge sul mio piccolo schermo. D’altra parte, in termini di pubblicità, mi è rimasta un’esigenza quasi bambinesca. Trovo assolutamente soporifere quelle pubblicità in cui il medico di turno con il suo bel camice bianco elenca i benefici dei microbiotici, o delle microparticelle di carbone attivo, a seconda dei casi. Canta le lodi del prodotto ma, ahinoi, non racconta una bella storia che possa trattenere il dito già pronto sur tasto del telecomando.

Mi piacciono le belle storie come quella raccontata Procter & Gamble in occasione dei Giochi olimpici di Rio 2016, che, lo ammetto, mi fa sempre uscire una lacrimuccia.

=> Guarda lo spot qui, musica di Ludovico Einaudi, emozione assicurata 😉

Qual è lo scopo dello storytelling nel marketing?

Secondo la psicologa Jennifer Aaker, una storia ci rimane più impressa di un dato di fatto o di una statistica, e questo fino al 22%  (intervista rilasciata a Le Monde Informatique, 5 ottobre 2016).

L’obiettivo principale dello storytelling è lasciare un segno, un ricordo indelebile nella memoria del pubblico. Ma ci sono ragioni molto specifiche e tutte diverse per raccontare una storia. Far conoscere i tuoi prodotti, aumentare la notorietà della tua azienda, raccogliere consensi, aumentare adesioni o numero di abbonati. Insomma, vendere prodotti e aumentare il fatturato non è il suo unico scopo. Lo storytelling promuove e sostiene le cause comuni, aumenta la consapevolezza, crea nuove opportunità.

Alcuni esempi di storytelling ben riuscito:

The Good in Town. Questa rivista online è la voce di una società benefit fondata da Sara Serafini. Il suo scopo è quello di contribuire alla transizione verso una nuova era. Un mondo dove il business è una forza positiva che non produce solo profitto ma anche, e soprattutto, sostenibilità. Le storie che si fanno leggere tutte d’un fiato parlano di innovazione, ispirazione, inclusione. Penne vivaci e storytelling accattivante per messaggi coinvolgenti.  

=> Visita il sito di The Good in Town

GoPro. Certo, lo scopo dello storytelling dell’azienda fondata da Nick Woodman è senza ambagi quello di vedere fotocamere e accessori relativi. Ma nello spot qui sotto, ci racconta una storia che punta sull’emozione, che mette il prodotto in secondo piano per mettere a fuoco (è il caso di dirlo) le persone che lo utilizzano – in questo caso, i vigili del fuoco che salvano un gattino. Questi ultimi, diventano protagonisti di una storia che è bello raccontare.

Kumquat Prod. Questa agenzia di produzione audiovisiva è stata fondata da Delphine Berlioux, talento da vendere e sensibilità a fior di pelle. La sua mission: raccontare “storie che contano davvero”. Attraverso l’occhio della sua fotocamera e con un approccio unico, Delphine racconta di passioni e di valori condivisi. Mette in primo piano ciò di quanto più autentico il territorio francese è capace di produrre. Racconta di donne e uomini straordinari nella loro normalità. Storia che ci ispirano, ci mostrano un altro modo di vivere. Coesistere per e con la terra, senza sfruttarla, ma nutrendola, perché possa continuare a nutrirci. Sono fiera di poter annoverare Kumquat Prod fra i miei clienti 😊

=> Visita il sito di Kumquat Prod

Insomma, lo storytelling può essere messo al servizio di chi lavora per rendere il nostro pianeta un bel posto in cui vivere. Questo è solo una delle molteplici applicazioni di questo formidabile strumento di comunicazione.

A presto per il prossimo articolo sullo storytelling!

E se nel frattempo vuoi raccontare la storia del tuo brand in francese, contattami !

PER RESTARE IN TEMA

le fasi dello storytelling

Trovare il tuo cliente ideale : chi è il tuo Buyer Persona?

La legge ferrea dell’inbound marketing: se ti rivolgi a tutti, non ti rivolgi a nessuno. Quindi, il primo passo nella tua strategia di inbound marketing (e più precisamente, di content marketing) è identificare le persone a cui ti rivolgi.

Queste persone sono chiamate Buyer Personas.

Vediamo come fare per delineare il loro profilo, per adattare il tuo discorso commerciale in base alle loro esigenze e per raggiungerle.

Definizione di buyer persona.

Un Buyer Persona è la rappresentazione semi-fittizia del tuo o della tua cliente ideale. Per realizzare il suo ritratto puoi utilizzare dati demografici, ricerche sociali e comportamentali, rapporti sulle abitudini di consumo. Oltre a, ovviamente, parecchie sessioni di brainstorming per cercare di immaginare le sue motivazioni, obiettivi e problematiche.

In un certo senso, è un po’ come ricreare l’amico immaginario dei tuoi cinque anni (beh, io ne avevo uno, si chiamava Ugo)😉

Perché creare un Buyer Persona?

Innanzitutto per targetizzare la tua comunicazione. Il content marketing, di cui abbiamo già parlato, è un processo volto a creare e distribuire contenuti utili e pertinenti. A che scopo? Molto semplicemente per far innamorare dei tuoi prodotti (o servizi) un target ben definito. E per fargli giurare amore eterno. I contenuti che proponi devono fornire risposte ai tuoi Buyer Personas. Se li identifichi, potrai aiutarli nel migliore dei modi: rispondere meglio alle loro domande e meglio risolvere i loro problemi. E questo li attirerà naturalmente verso i tuoi prodotti.

Accompagnarli lungo il loro buyer’s journey

Inoltre, è importante sottolineare che è fondamentale identificare in quale fase del loro percorso di acquisto si trovano i tuoi Buyer Personas.

Infatti, l’inboud marketing ruota attorno a 4 tappe essenziali:

  1. Attrazione: la tua potenziale clientela deve essere in grado di trovarti nell’oceano delle offerte del Web
  2. Seduzione: i tuoi contenuti devono essere attraenti per non farla andare via
  3. Conversione: trasforma le visite in acquisti, adesioni o abbonamenti
  4. Fidelizzazione: creare una clientela talmente felice che diventerà la portabandiera del tuo brand

Il tuo discorso marketing non sarà lo stesso se il tuo persona è nella fase iniziale (o awareness) o verso la fine (decision) del suo viaggio.

Come creare i tuoi Buyer Personas?

Prima di tutto, fai un’analisi dei prodotti e/o dei servizi che proponi, valuta obiettivamente l’immagine del tuo marchio.

Per esempio, se vendi borse in pelle, non vale la pena di fare i salti mortali per attirare persone sensibili alle sofferenze inflitte agli animali. In tal caso, ti orienterai verso un altro tipo di target. Se invece vendi le stesse borse, ma in plastica riciclata o in AppleSkin, ha già sicuramente un’idea dei buyer personas a cui ti rivolgi. Sarà poi necessario affinare i dettagli del ritratto. Quali sono i suoi bisogni? Quali sono i suoi interessi? E le sue abitudini di acquisto?

Vediamo nella scheda qui di seguito un possibile Buyer Persona di un’azienda che produce accessori di moda ecosostenibili.

Tabella esempio creazione buyer persona
Esempio di buyer persona

In questo caso ho immaginato un Buyer Persona con un problema che le mie competenze, la traduzione e la transcreazione, possono risolvere. Nel caso di Dominique Green, la traduzione è la risposta giusta.

L’immagine che il marchio trasmette le piace. Tuttavia, è solo all’inizio del proprio viaggio e ha ancora molte domande senza risposta : questi accessori sono davvero prodotti in Europa? Sono davvero ecologici? Il loro prezzo è giustificato?

Come fornire a Dominique una risposta ai suoi dubbi? Traducendo i contenuti (schede-prodotto, sito web, social network, blog) in una lingua che Dominique comprende, l’azienda le permette di cogliere appieno i valori del brand e di trovare la conferma che i prodotti sono proprio quelli che sta cercando.

Dominique è solo un esempio di Buyer Persona; puoi andare avanti all’infinito creando una profusione di profili diversi, facendo per ognuno quanche sessione di brainstorming sulla loro possibile identità, comportamento, problemi e le soluzioni che puoi offrire.

Ehi, traduttrice, ma come faccio, concretamente, per creare i miei buyer personas?

Per esempio, puoi utilizzare il fantastico strumento online offerto da Hubspot! Gradevole da usare, ti offre la possibilità di creare infiniti Buyer Personas in modo semplice e intuitivo.

Altrimenti puoi scaricare le schede che ho creato per te (sì, lo so, sono una traduttrice creativa, non perdo mai il vizio!).

Scarica le schede-guida per la creazione dei tuoi buyer personas B2C e B2B

Buona creazione!

Strategia di marketing e transcreazione

La transcreazione è una porta spalancata verso un nuovo mercato: far tradurre i tuoi contenuti è un investimento che rientra in una strategia marketing che funziona.

Nel primo articolo di questa serie dedicata alla transcreazione ho presentato questo particolare ramo della traduzione. Mi sembrava un atto dovuto visto che la sua definizione è oscura a una buona parte della popolazione mondiale.

Hai deciso di far tradurre il tuo sito Web o i post del tuo blog? Sai dunque che dovrai avvalervi dei servizi un traduttore o una traduttrice il cui dominio di specializzazione sia la transcreazione e/o la localizzazione. E fin qui ci siamo.

Inserire la transcreazione nella tua strategia marketing

Immaginiamo adesso una situazione di questo tipo. Hai notato che parte del traffico del tuo sito Web è generato da visitatori che non vivono in Italia. Potresti quindi iniziare a chiederti:

La localizzazione del mio sito web può aumentare il mio tasso di conversione?

Devo acquistare un nome di dominio specifico (come il miositeweb.fr/be/ca, ecc.)?

Devo tradurre solo il contenuto del mio sito o anche quello dei miei social network?

E in quale ordine? Faccio tradurre prima il sito o prima i social?

Prima di perderti in tutte queste domande, è necessario focalizzarti sulla tua strategia di marketing.

In effetti, la transcreazione si inserisce nel quadro complessivo della strategia di comunicazione. La transcreazione non copre solamente la localizzazione di un sito Web o la traduzione delle schede prodotto. Deve anche accompagnare l’ottimizzazione per i motori di ricerca, solidificare la tua presenza sul Web, curare il contenuto delle newsletters, del blog e così via.

No, Google Translate non può fare tutto questo 😉

Le 3 fasi di un brainstorming efficace

Prima di procedere alla transcreazione dei tuoi contenuti, è necessario fare un po’ d’ordine negli obiettivi.

Immaginiamo che desideri rivolgervi al mercato francese. È molto importante di allineare i tuoi obiettivi di marketing con quelli di crescita e la tua filosofia aziendale. È una riflessione che hai probabilmente già intrapreso quando hai lanciato la tua start-up o il tuo negozio online.

Tuttavia, quando ti avventuri in un territorio per a te sconosciuto, tale riflessione diventa primordiale.

1. Identificare i tuoi obiettivi

Non c’è strategia senza obiettivo. Hai deciso di sedurre il mercato francese, va bene, ma che cosa desideri fare in Francia, esattamente? (No, sorseggiare una coppa di champagne sulla place des Lices a Saint Tropez NON fa parte di una strategia di marketing! O forse sì 😉)

Vuoi soprattutto:

Aumentare la visibilità online del tuo brand?

Promuovere la sua immagine?

Affermare la legittimità dei tuoi prodotti?

Conquistare una nicchia precisa?

Come già detto, i tuoi obiettivi di comunicazione devono necessariamente essere connessi ai tuoi obiettivi globali.

Per esempio : hai un fashion e-store? Il tuo obiettivo potrebbe quindi essere quello di aumentare la visibilità della tua pagina Web. Infatti sappiamo che:

1.500 visitatori →250 leads →100 clienti.

Fonte: hubspot

Altro esempio: gestisci una start-up? Sedurre un nuovo mercato può permetterti di affermare la tua legittimità e quindi di promuovere il tuo brand.

2. Circoscrivere l’obiettivo : il metodo SMART

Se non puoi misurare una cosa, non puoi migliorarla.

Peter Drucker

Una volta che hai identificato il tuo obiettivo, bisognerà circoscriverlo e passarlo al setaccio degli indicatori SMART.

Vuoi conquistare la Luna? Questo metodo vi aiuterà a capire se è possible raggiungerla o no.

Il tuo obiettivo deve essere:

S : specifico. es.: 25 % visite in più, 10 % di leads in più, 15 % di conversioni in più, ecc.

M : misurabile. Utilizzi dei KPI per il monitoraggio delle performance?

A : arrivabile (o raggiungibile). Se non miri la Luna, ma solamente la Francia, ci sono buone probabilità che l’obiettivo sia raggiungibile…

R : realista. es.: il tuo obiettivo è arrivare sulla Luna? Domanda : disponi di un budget per armare una navicella, assumere astronauti, ecc.? Se vuoi arrivare in Francia, puoi avvalerti di esperti·e del suo contesto/mercato?

T : definito nel tempo. Imporsi delle scadenze è importante, anche per poter stabilire un ordine di importanza delle priorità.

Esempio di obiettivo SMART: aumentare del 25% il numero di iscritti di lingua francese alla mia newsletter in due mesi delegando il progetto a una traduttrice specializzata in marketing e esperta del mio settore di attività consacrando al progetto il 15% 10 % del mio budget di comunicazione.

Queste sessioni di brainstorming devono essere sostenute da elementi concreti, che vedremo nella prossima fase.

3. Misurarsi a un nuovo mercato : l’analisi SWOT

L’economista Albert Humphrey condusse negli anni ’60 una ricerca il cui oggetto erano le aziende elencate nella rivista Fortune 500. I risultati di tali analisi vennero utilizzati da Humphrey per l’elaborazione di uno strumento di pianificazione strategica chiamato analisi SWOT. È un metodo che richiede un’obiettività pura e dura. Inoltre, ti obbliga a guardare in faccia la realtà su due fronti: interno – ovvero la tua azienda! Quali sono i punti forti? Quali sono i punti deboli? – e esterno – quali sono le opportunità offerte da tale mercato? Quali sono le minacce che potrebbero ostacolare la crescita?

Vediamo un esempio di analisi SWOT:

analisi SWOT

Questo è solo un esempio, ovviamente. Un’analisi coerente deve prendere in considerazione un insieme di elementi. Fra essi troviamo gli obiettivi, il settore d’attività, le ambizioni, le risorse a tua disposizione, ecc.

Tuttavia, c’è una costante nell’equazione ed è il tuo approccio. Per ottenere risultati concludenti, devi svolgere tali analisi con un atteggiamento che posso riassumere in tre punti:

1. Essere realista

2. Essere coerente

3. Passare all’azione

Inoltre, hai bisogno di un ponte. Non è possibile produrre un’analisi SWOT coerente senza conoscere il contesto target. E, per applicare i parametri SMART ai tuoi obiettivi, ci vuole un’analisi del mercato di riferimento. È qui che una transcreatrice esperta e che conosce bene il Paese in cui vive può aiutarti.

Sedurre il mercato francese.

In ogni caso, posso dire sin d’ora che il contesto oltralpe è favorevole. I tuoi prodotti sono di qualità ed ecosostenibili? Sei in grado di comunicare correttamente la tua etica e i valori della tua azienda in un’altra lingua? Allora posso assicurarti che la tua futura clientela francese farà le fusa come una nidiata di gattini.

Secondo un’indagine di Fevad, 8 persone su 10 qui nell’Esagono comprano online. Si tratta di una folla composta da 40 milioni di persone. Il 30% fa acquisti addirittura due o tre volte al mese. Fra i prodotti presi d’assalto troviamo l’abbigliamento, i biglietti aerei e le prenotazioni alberghiere, così come elementi di arredo e di decorazione d’interni.

40 milioni di Francesi effettuano acquisti su Internet in maniera abituale

Fonte Fevad.com

Che dicono le statistiche?

D’altronde, secondo Dynamique Entrepreuneriale, il 65% delle persone che hanno cominciato a acquistare online durante il lockdown, non sono intenzionate a cambiare abitudini. Il 35% dichiara che non aveva mai effettuato acquisti su internet prima delle misure di contenimento.

Secondo il sondaggio di Criteo Shopper Story 2020, fra i parametri che invogliano les enfants de la Patrie a riempire il loro carrello virtuale ci sono il prezzo e la consegna a casa, ma anche la qualità della comunicazione. Una pubblicità un po’ arrangiata, troppi errori nel testo, immagini di scarsa qualità, condizionano pesantemente il passaggio alla cassa.

Infine, last but not least, secondo CBNews, il popolo francese che acquista sul Web preferisce evitare Amazon o Google per andare direttamente sul sito del brand.

Spero che questo articolo ti abbia dato qualche spunto di riflessione. Se ti fa piacere, sono a tua disposizione per parlarne più diffusamente!


Per restare in tema:

marketing e transcreazione
buyer persona
content marketing