Creare un home office con stile

Il COVID-19 ha portato alla ribalta il telelavoro, che si è fatto uno spazio tutto suo nella vita di milioni di persone. Una relazione che sembra destinata a durare nel tempo.

 Brands come Twitter e Facebook hanno recentemente annunciato la volontà di cristallizzare questo nuovo modo di lavorare. Una riflessione che aleggiava nell’aria da tempo e che presenta numerosi vantaggi: con l’eliminazione del tragitto casa-lavoro si risparmiano un bel po’ di soldi e alla fine del lavoro non si spreca nemmeno un minuto del proprio tempo libero in code interminabili sulla tangenziale o in treni sempre in ritardo, basta spegnere il computer. Poiché si appresta a diventare un’abitudine, è indispensabile ridipingere lo spazio dedicato al proprio ufficio in casa e cominciare a considerarlo come un “vano” a pieno titolo.

Per quanto mi riguarda, la mia lunga relazione con il telelavoro è molto armoniosa. I traduttori freelance conoscono bene l’importanza di rendere più gradevole possibile l’allestimento dei pochi o tanti metri quadrati ritagliati nel proprio appartamento e consacrati alla traduzione.

Oltretutto, arredare uno spazio, anche minuscolo, e renderlo accogliente e confortevole non richiede un budget troppo elevato. Ecco qualche consiglio.

Delimitate lo spazio.

L’ufficio deve essere concettualmente e visualmente distinto dal resto della casa. Che venga sistemato fra due finestre, in un armadio a muro o in un angolo inutilizzato dell’appartamento, merita di avere un’identità propria.

Ottimizzate lo spazio.

Non si butta via niente, utilizzate tutto ! Una porzione di libreria, una nicchia, il davanzale di una finestra, tutto può essere utilizzato quando si tratta di ottimizzare un piccolo spazio.

Trasformate i difetti in pregi.

Elevate a un rango superiore quegli spazi inutili che vi disturbano solo a guardarli. Un ripostiglio o un sottoscala possono trasformarsi in un home office pratico e funzionale.

Osate la creatività!

Tentate il tutto per tutto e osate propendere per soluzioni creative! Poco importa quanto grande sia il vostro appartamento: lasciate l’immaginazione volare libera. E se, oltre a essere creativi, intrattenete rapporti sereni con seghetti alternativi, trapani e cacciaviti, c’è di che sbizzarrirsi. 

Il mio home office

Nei 16m² del mio soggiorno, vivono in lieta convivenza il letto a soppalco, lo spazio divano/tv/biblioteca e il mio ufficio, appunto. Per il suo allestimento, ho utilizzato in gran parte materiale di recupero. Prezzo totale: 92 euro, sedia inclusa. D’altronde, vi consiglio di non lesinare sull’acquisto di una sedia. Ha un compito fondamentale: prendersi cura della vostra schiena e delle vostre terga, sorvegliando che manteniate sempre una posizione corretta.

Thank you to DigsDigs for your inspirations


Patricia Soda è traduttrice dal 2001. Specializzata in traduzione per il marketing, è anche copywriter. Freelance dal 2015, cammina nel mondo della traduzione come Alice nel paese delle meraviglie, scoprendo ogni giorno cose nuove che vi racconta nelle pagine di questo blog.


Il traduttore al tempo del Covid-19

Ieri parlavo al telefono con un’amica italiana la cui latente perversità si rallegrava delle misure prese dal governo francese che si allineano oramai – più o meno – su quelle prese dall’Italia. Non senza una malcelata giubilazione, affermava che il confinamento con il quale noi, abitanti dell’Esagono, avremmo dovuto vivere, era l’esemplificazione lampante dell’efficacia, della perspicacia e della lungimiranza del governo dello Stivale. Le voglio bene comunque, malgrado il suo orgoglio da campanile mal riposto nel caso di una pandemia che, per definizione, non ha confini.

Non ha d’altronde potuto nascondere la sua delusione quando le ho detto che sono confinata a casa mia da quando ho scelto la carriera di traduttrice freelance e che il Covid-19 non cambia granché al mio quotidiano. Con un paio di piccole differenze: mi devo privare delle mie spesucce quotidiane al mercato del mio quartiere con una pausa caffé al Nautic e della compagnia della mia vicina Claude di 90 anni, una vera e propria fonte d’ispirazione, un libro di storia vivente, che evito di andare a trovare per proteggerla dal rischio di contagio. Quei piccoli immensi momenti di alienazione dal mio schermo per meglio accostarmene. E poi ci saranno le ripercussioni economiche, come per tanti altri, ma per il momento, non sono in grado di misurarle.

Comunque sia, sono un’esperta in confinamento. Non sempre, ma spesso, quando si sceglie di essere traduttore, è abbastanza lapalissiano che bisognerà vivere con la propria solitudine e questo non ci disturba poi molto. Non dimentichiamo che nel 2020, il concetto di solitudine è molto relativo: sono connessa al mondo attreverso la Rete, comunico con i colleghi quotidianamente attraverso i social. Ma niente mi fa più piacere del seguire il corso delle mie elucubrazioni trovando la parola giusta in un accordo della mia chitarra, nella fetta di cielo sotto la quale bevo litri di tè verde, nel pelo lucente del mio gatto che viene di tanto in tanto a gratificarmi con le sue fusa rassicuranti. Tutte cose che non potrei mai fare se condividessi un ufficio con altre persone, segregata in un cubo di cemento come quello dov’ero rinchiusa al tempo della mia ultima esperienza da dipendente.

La vita del traduttore è solitaria, ma non è noiosa; è silenziosa ma incredibilmente affollata. È colma di parole che vivono di vita propria, di parole che bisogna afferrare e trasportare in un mondo parallelo. Nei 2 m² ritagliati nel mio appartamento e dedicati al mio lavoro, vedo scorrere le immagini di un paesaggio sempre diverso dove io sono le porte e i ponti. Il destinatario della mia traduzione, lo vedo. È seduto accanto a me, come l’amico immaginario dei miei 5 anni. Gli parlo, gli chiedo come posso fare perché senta quello che io sento. Come una speleologa, scavo nelle profondità dell’autore, ne estraggo le radici del suo messaggio, le sfumature delle sue parole. E poi, a seconda dei casi, le spolvero, le forgio, le decifro e le affido al piccione viaggiatore che le porterà lontano.

Quindi, in quanto traduttrice-specialista-in-confinamento, posso assicurarvi che non è poi malaccio restare a casa propria. Ci sono sogni, parole, libri, musica, progetti, speranza, bicchieri di vino rosso… E chissà, forse il confinamento vi ispirerà degli spunti di riflessione su come rassettare le vostre vite. Chissà che, come afferma il filosofo Bernard-Henri Lévy, non troverete nella globalizzazione di questo virus “la traduzione di passioni tristi che offuscano le nostre democrazie stanche, relativiste e paranoiche”. Forse farete un po’ d’ordine nelle votre vite e vi renderete conto che ci sono un sacco di cose inutili di cui potrete sbarazzarvi senza pena.

In ogni caso, vi auguro di perdervi per meglio ritrovarvi. E di rimanere in buona salute. Abbiate cura di voi.


Patricia Soda è traduttrice dal 2001. Specializzata in traduzione per il marketing, è anche copywriter. Freelance dal 2015, cammina nel mondo della traduzione come Alice nel paese delle meraviglie, scoprendo ogni giorno cose nuove che vi racconta nelle pagine di questo blog.